Scopri nell’articolo cosa sono i prodotti ortofrutticoli di 4 gamma e tutti gli accorgimenti da prendere per la commercializzazione.
Anche nel periodo estivo 2019 la IV gamma ha segnato delle performance di vendita interessanti, soprattutto a confronto con i prodotti vegetali freschi. Ma cos’è esattamente questa IV gamma e cosa bisogna fare per poter produrre e commercializzarere questi prodotti?
Innanzitutto partiamo dalla definizione di IV gamma:
“Sono prodotti di IV gamma le verdure e gli ortofrutticoli freschi che, dopo la raccolta, sono sottoposti a processi tecnologici di minima entità finalizzati a garantirne la sicurezza igienica e la valorizzazione, seguendo le buone pratiche di lavorazione.
Pertanto, si definiscono prodotti ortofrutticoli di IV gamma: la frutta, la verdura e, in generale, gli ortaggi freschi, a elevato contenuto di servizio, confezionati e pronti per il consumo.
Nella definizione di prodotti freschi confezionati e pronti per il consumo rientrano non soltanto le insalate in busta e la frutta di quarta gamma pronte a essere immediatamente consumate “a crudo”, ma anche gli ortofrutticoli pronti per essere utilizzati nella preparazione di alimenti da cuocere (es: verdure per minestrone).”
(Fonte AIIPA)
Quindi i prodotti di IV gamma sono prodotti trasformati al fine di essere valorizzati e per garantire una sicurezza igienica. La seconda domanda che viene spontanea è:
Fondamentalmente, i prodotti freschi vanno tagliati, lavati con lavatrici adeguate e con sanificanti, e poi pesati e confezionati. Scendendo più nello specifico, per alcuni prodotti (patate, cipolle, carote…) è necessario anche pelarli; inoltre, i tipi di taglio possibili sono svariati: cubetti, julienne, rondelle, stick, spaghetti…
La sanificazione del prodotto è fondamentale per garantirne la commerciabilità e la durata, per questo, oltre a dotarsi di lavatrici adeguate, è necessario orientarsi tra prodotti chimici (cloro), sempre più soggetti a restrizioni legislative, e soluzioni più innovative (ozono) dalla forte azione battericida, ma con meno storicità nel settore.
Fondamentale sempre ai fini della durata sono l’asciugatura (meno umidità residua vi è nel prodotto più tardi inizieranno le marcescenze) e un confezionamento adeguato (atmosfera controllata o sottovuoto per certi prodotti come patate).
Tutto ciò deve avvenire in un’ambiente isolato dalla zona dove viene lavorato il prodotto grezzo, al fine di evitare contaminazioni, e con temperatura controllata (normalmente sui 10° C). Da qui il prodotto passa poi in cella (2-3° C) in attesa di essere venduto.
Il tutto è partito dalla GDO, ma ormai sono stati “contaminati” tutti gli attori della distribuzione, dal piccolo ortolano di quartiere ai ristoratori, passando per il canale HORECA e, in certi casi, anche attraverso la vendita diretta.
Casi di successo ve ne sono dapperttutto, certo è bene sapere che se si vuole entrare in GDO bisogna avere determinati volumi ed i margini saranno molto bassi. Meglio allora, se si ha una produzione limitata, fare un prodotto più “esclusivo”, da vendere magari a ristoratori di alto livello, con margini adeguati, aumentando possibilmente il livello di servizio e la qualità finale rispetto ai competitor industriali che standardizzano ogni processo, nel bene e nel male.
La logistica ricopre un ruolo fondamentale perchè per garantire un prodotto di alta qualità, ancora croccante dopo qualche giorno e con un aspetto invitante, bisogna assolutamente rispettare la catena del freddo, cosa che in Italia non sempre è cosi scontata, soprattutto durante i mesi estivi. Mi è capitato di vedere, nel mese di giugno, intere pedane “dimenticate” nel piazzale di un’azienda, in attesa del traspotrtatore, con temperature esterne vicine ai 40°. E’ chiaro che, cosi facendo, si può avere il prodotto migliore del mondo, acquistare la migliore tecnologia ed applicare tutti i processi da manuale, ma il prodotto arriverà a scaffale e sarà da buttare o resterà invenduto o, peggio ancora, sarà venduto e il consumatore si sentirà ingannato, orientandosi quindi la volta successiva verso un altro tipo di acquisto o comunque un altro marchio che gli dia più garanzie di qualità.
Quella della IV gamma è una trasformazione non solo nelle abitudini, ma anche culturale, che è partita dalle regioni settentrionali della nostra penisola, ma piano piano sta scendendo coinvolgendo anche aree che sono sempre state tradizionalmente legate ai pasti fatti in casa ma che, per via dell’aumento della frenesia quotidiana, devono anch’esse adeguarsi.
Perciò si può ritenere che i numeri ancora per lungo tempo vedranno la crescita di questo segmento. Chiaramente la GDO è più presidiata dai big player del settore, ma spazio c’è n’è ancora per chi vuole proporre prodotti di alta qualità o di nicchia. Per esempio la frutta di IV gamma, che all’estero è già una realtà consolidata, ma in Italia presenta ancora consumi molto limitati a confronto delle insalate, registra performances di crescita vicine al +30%. Interessante no?
Personalmente, a fronte della diatriba tra chi criminalizza la IV gamma, parlando di più sprechi e scarti e di minore freschezza dei prodotti (ricordiamo che quando una foglia di insalata viene tagliata, tecnicamente muore e inizia il suo processo di invecchiamento), e chi la porta invece in palmo di mano, preferisco assumere una posizione di equilibrio. Ritengo infatti che il settore, oltre ad andare incontro ad esigenze mutate del consumatore, permette in molti casi di avere un maggiore controllo sulla salubrità dei prodotti; d’altro canto, nel tentativo di inventarsi sempre qualcosa di nuovo, si assiste talvolta a delle storture: come dimenticare quell’azienda americana che aveva iniziato ad offrire le arance sbucciate e confezionate in barattoli di plastica?!!!
Ecco, questi sono eccessi da evitare ad ogni costo.
E voi, cosa ne pensate?
Alberto